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La nostra storia

Nel maggio del 1993 fu organizzato un viaggio in Australia. Tra i vari partecipanti, eravamo in cinque di Roasio(Pier Ugo Cappa, Annamaria D’Alberto Cappa, Thea Faccio Cappa, Valerio Micheletti ed io). Visitammo i luoghi più famosi ed interessanti di quella splendida terra, incontrammo in quella natura primitiva e rigogliosa, su quelle spiagge infinite, nell’incanto della barriera corallina, la semplicità della vita quo- tidiana della gente, che lontana dal resto del mondo mantiene fermi i valori fondati sulla famiglia, sul lavoro, sullo sport.
Incontrammo anche gli aborigeni, con le loro usanze e tradizioni; sono circondati da un alone di mistero, dato dalla loro antichissima storia, che si ritrova intatta nei disegni degli avi riprodotti nelle grotte e sulle montagne.
Proprio al centro dell'Australia, dove il deserto e la polvere nascondono animali e persone, c’è Alice Springs. Una sorgente naturale sgorga dalla terra come per miracolo:

è quella che ha salvato dalla sete le migliaia di pionieri che costruirono la prima linea telegrafica collegante il sud

e il nord del Paese. Accanto ad essa c’è una piccola costruzione in muratura che racchiude il “Museo dei pionieri”. Appese al muro, vecchie fotografie in bianco e nero di uomini forti, con facce grintose, parlano di fatiche, sudore, sacrifici, vita dura e pericolosa. C’erano anche degli attrezzi da lavoro arrugginiti, un carretto ed altre suppellettili.
Ci guardammo. A tutti vennero alla mente, spontaneamente, i nostri pionieri, la nostra gente di Roasio, che aveva fatto le stesse fatiche e vissuto le stesse vicissitudini nella scoperta e nello sviluppo di Paesi nuovi e lontani, senza però mai essere riconosciuta a livello pubblico.
Non ricordo chi fu il primo che parlò, forse Valerio. Disse: «Perché non facciamo anche noi un Museo a Roasio?».

Museo dell'emigrante di Roasio - Planisfero
Planisfero posto all'ingresso del Museo: Le linee direzionali partono da Roasio e mostrano le località toccate dai nostri emigranti.

Decidemmo là, su due piedi, tra la sabbia e gli eucalipti odorosi, che al nostro rientro avremmo realizzato nel nostro piccolo paese un Museo ai nostri emigranti, rendendo loro giustizia di secoli di dimenticanza. Passarono un po’ di anni, ne parlammo in giro, tanto per sondare il terreno. Le reazioni positive e interessate ci spronarono a continuare, a credere nell’impresa, tanto che, finalmente, il 10 ottobre 1998

ci fu la prima riunione del Comitato. Si decise di iniziare la ricerca sui reperti e sulle memorie degli emigranti. Ogni famiglia ne aveva. All’uopo, fu

istituito un gruppo addetto alla raccolta del materiale e delle informazioni casa per casa.
Il lavoro è stato certosino.
Fu contattata dapprima la “Fondazione Sella” di Biella,

che già aveva svolto una cospicua ricerca sull’emigrazione nel Biellese; ci fu prodiga di consigli e pubblicazioni. Andammo quindi a visitare la “Casa museo della storia, del costume e delle tradizioni dell'Alta Valle del Cervo” di Rosazza, precorritrice dei tempi, il “Museo dell’emigrante” della Repubblica di San Marino, ricco di testimonianze e di tanta cordialità, infine approdammo alla “Fondazione Agnelli” di Torino, che ci mise in contatto con i suoi siti Internet nel mondo.

Il lavoro fu più difficile e arduo di quanto pensassimo, poiché nelle case si erano bruciati e dispersi tanti reperti. Per fortuna coloro che avevano conservato documenti e fotografie li misero volentieri a nostra disposizione.

Riuscimmo così a catalogare 466 schede di gente di Roasio andata all’estero (oggi le schede in archivio sono 1221) e 889 nominativi in totale (compresi i 466 dotati di riferimenti biografici e lavorativi), 400 fra fotografie, lettere e documenti vari (oggi tra documenti esposti e documenti in archivio il materiale arriva a più di 1000 elementi).

Per trovare i fondi necessari a coprire le spese fondammo un’associazione denominata “Museo dell’emigrante” e con le quote degli associati, la generosità della nostra gente, le donazioni di alcuni benemeriti, i contributi dell’amministrazione provinciale di Vercelli, di molte ditte e banche locali facemmo fronte alle spese essenziali per la ristrutturazione del locale messoci a disposizione dall’amministrazione comunale di Roasio per ospitarvi il Museo.

Il 22 aprile 2001 l’istituzione è stata aperta ufficialmente.
Sono qui radunate le memorie di cinque generazioni di emigranti che hanno lottato per la vita e il benessere delle loro famiglie. Ogni lettera, ogni fotografia racconta una storia fatta di tanta sofferenza, di lotta quotidiana, di nostalgia per la propria casa, la propria terra, i propri cari.

Qui i nostri giovani e le future generazioni di Roasio, non importa dove la vita li porterà nel mondo, ritorneranno e ritroveranno le loro radici. 

Velia Micheletti Micheletti

Fondatrice e Presidente Onorario del "Museo dell'emigrante"

di Roasio

Il Museo oggi 

Museo dell'emigrante di Roasio - Facciata

Dal 2010 il "Museo dell'emigrante" è ospitato nei locali dell'ex Scuola Elementare in frazione Sant'Eusebio ed accoglie i suoi visitatori con 50 bandiere poste al suo ingresso (una per ogni Paese in cui hanno lavorato i Roasiani), sottostate dalla scritta "il paese con la valigia". Oltre a curare l'esposizione permanente, i volontari sono alla continua ricerca di dati ed informazioni riguardanti l'emigrazione del loro territorio, ampliando ed aggiornando l'oramai ricco archivio. Il "Museo dell'emigrante" rimane ad oggi un'associazione culturale retta sul volontariato, gestita da un consiglio direttivo composto da cinque membri e centodieci soci.

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